UMANESIMO

Dall’inizio del ‘400 ha iizio una nuova era che viene chiamata Rinascimento.

In questo perodo si distingue una prima parte chiamata fase dell’Umanesimo e una seconda parte del Rinascimento vero e proprio.

L’Umanesimo è un movimento culturale che comincià già a farsi strada verso la fine del Trecento e poneva in primo piano il tema della dignità dell’uomo e della sua centralità nell’universo (che prende il nome di antropocentrismo).

Il termine “Umanesimo” di origine ottocentesca deriva da “umanista” per indicare il docente degli “studia humanitatis“, cioè delle discipline classiche.

Infatti, l’uomo si impose come soggetto capace di pensare liberamente, quindi cominciò ad essere esaltato nella sua dimensione terrena distaccandosi dal pensiero medievale. Proprio per questo assunse grande importanza la riscoperta dei classici, cioè il ritrovamento di opere fino a quel momento sconosciute oppure cominciarono a cercare in esse il loro significato originario eliminando tutte quelle deformazioni dovute all’allegoria religiosa e morale.

Quindi gli umanisti non copiavano ma imitavano i classici prendendo il meglio da essi e rivedendoli in chiave moderna.

Durante questo periodo possiamo dire che il pensiero degli scrittori comprendeva i seguenti punti:

  • l’uomo è artefice di se stesso e del proprio destino;
  • la religione non viene nè abolita nè riprodotta come rituale, ma divine più interiore e spirituale.

Quindi gli umanisti credevano nell’esistenza di Dio ma rifiutavano alcune manifestazioni tipiche del Medioevo, infatti misero in secondo piano gli studi teologici e quindi intrapresero quelle umanistici ( letteratura, storia, filosofia, le arti e la grammatica).

 

Visto che gli umanisti davano tanta importanza ai classici nacque una nuova disciplina, la filologia. Il vero iniziatore fu Petrarca che con Boccaccio fu un precursore dell’Umanesimo.

Gli studi filologici si occupano di confrontare le varie versioni ritrovate di uno stesso testo e d eliminare tutto ciò che risultav estraneo all’originale, in modo da stabilire con esattezza l’autore di quell’opera. Proprio in questo periodo furono scoperti antichi codici latini e greci nelle biblioteche o nei monasteri.

Filologi di grande importanza e fama furono Poggio Bracciolini che portò alla luce opere come l’ “institutio oratoria” di Quintiliano, il “De rerum natura” di Lucrezio ed altre opere; poi ci fu Lorenzo Valla, un intellettuale romano che in un suo libro dimostrò su base storica e linguistica che la famosa “donazione di Costantino“, cioè il decreto con cui l’imperatore Costantino avrebbe donato a papa Silvestro i territori di Roma e del Lazio , non era autentica e quindi era un falso storico.

Con il ritorno ai classici il latino divenne nuovamente la lingua predominante tra i colti, anche se i volgare non scomparve del tutto, soprattutto negli usi pratici e quotidiani, quindi tra i mercanti, notai, nelle lettere private ecc.

Solo a Firenze, culla del volgare, fu avviato un processo di nobilitazione della lingua volgare. Grazie anche a Leon Battista Alberti, che promosse a Firenze una gara poetica sul tema dell’amicizia, in volgare. Sicuramente, l’ulteriore valorizzazione del volgare fu ad opera di Lorenzi de’ Medici che compose la “Raccolta aragonese” per il re di Napoli, Ferdinando d’Aragona.

Importante in questo periodo, per questo nuovo modo di pensare, l’apertura di molte botteghe di librai che si occupavano della copiatura di manoscritti per accontentare la grande richiesta da parte di biblioteche e di privati. Sicuramente fondamentale fu l’invenzione della stampa a caratteri mobili da parte di Gutenberg tra il 1452 e il 1455. A Venezia c’era il più grande stampatore italiano, Aldo Manuzio, i cui volumi erano ricercati in tutta Europa.

Si moltiplicarono le accademie che nacquero come luoghi d’incontro tra intellettuali e con il tempo furono anche finanziate dai privati. Le principali accademie nacquero all’interno delle corti e le più importanti erano: l’accademia romana (o Pomponiana); l’accademia napoletana (o Pontaniana) e l’accademia Platonica a Firenze. Nacquero anche tantissime biblioteche pubbliche e private, sinonimo di una grande diffusione della cultura.

 

Questa crescente voglia di crescita culturale fece si che le corti e quindi i signori sovvenzionassero la produzione letteraria, quindi in questo modo l’intellettuale umanista viveva a corte e poneva il suo talento a servizio del signore che, grazie alle sue opere, guadagnava prestigio. Un esempio fu Leonardo da Vinci che visse presso gli Sforza a Milano, i Gonzaga a Mantova e i de Medici a Firenze.

Questo intervento nella cultura da parte dei signori prese il nome di mecenatismo. Molti intellettuali svolgevano il ruolo di educatori dei figli dei signori e molti avevano un ruolo politico come Coluccio Salutati che fu Cancelliere della Repubblica fiorentina e lui come altri (Leonardo Bruni, Poggio Bracciolini e Niccolò Machiavelli)si dice facessero del così detto Umanesimo civile.

Quindi molti umanisti, ancor prima di essere letterati ricoprivano incarichi di prestigio. Essi credevano che il letterato avesse anche lo scopo di formare il cittadino che partecipava alla vita politica della sua patria.

Inoltre gli umanisti”civili” credevano che il nucleo della società fosse la famiglia e quindi l’uomo si sarebbe realizzato con il matrimonio.

Umanisti come Poggio Bracciolini lodavano l’attività economica e quindi il lavoro, era una benedizione per l’uomo, im modo che egli potesse imporre il proprio dominio sulla natura. Quindi il desiderio di denaro era naturale e la ricchezza era segno tangibile dell’approvazione di Dio al lavoro umano.

 

Programma di letteratura  superiori