Gli Etruschi  non ebbero mai uno stato unitario ma tante città- stato indipendenti l’una dall’altra come le poleis greche.

Le città facevano parte di una confederazione commerciale e religiosa che si chiamava dodecapoli (parola greca che significa dodici città). Ogni anno i rappresentanti della dodecapoli si riunivano nel tempio del dio Voltumma a Volsini Novi (l’attuale Bolsena) per celebrare i riti religiosi. Il potere in ogni città era tenuto da un sovrano, il lucumone, che era anche il capo dell’esercito e il capo religioso.

Il lucumone era aiutato nel suo compito dall’aristocrazia, alla quale appartenevano i ricchi commercianti, i proprietari terrieri, i mercanti e in seguito anche gli artigiani che avevano fatto fortuna. Vi erano poi i piccoli artigiani e i contadini, ma la maggior parte della popolazione era composta da servi, i cittadini più poveri, che lavoravano nei campi o nelle miniere insieme agli schiavi, prigionieri delle popolazioni italiche sottomesse.

    

La donna etrusca viveva in condizioni di libertà sconosciute agli altri popoli antichi. In famiglia non era sottoposta all’autorità del marito, era libera di uscire di casa per partecipare a cerimonie religiose, ma anche a spettacoli, feste, danze e banchetti.

Dopo il matrimonio poteva conservare i propri beni, mantenere il suo cognome e trasmetterlo ai figli insieme a quello del marito. La donna etrusca curava molto l’abbigliamento: comunemente indossava il chitone, una tunica con lunghe maniche di lino o di lana; per le feste amava adornarsi di bellissimi gioielli e usava cosmetici. Molte donne etrusche sapevano anche usare il flauto.

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